Nel teatro romano gli attori
avevano una posizione
inferiore. Agli inizi
un poeta comico o tragico
ingaggiava una propria
compagnia e assumeva forse
egli stesso una parte
principale, ma ben presto
le condizioni cambiarono.
Sorsero delle compagnie
drammatiche fisse, ciascuna
sotto la direzione di
un organizzatore "commerciale",
ciascuna formata da schiavi
che potevano essere frustati
o addirittura condannati
a morte. La professione
del recitare fu disprezzata,
la figura dell’attore
non fu mai circondata
in Roma di quella dignità
che è evidente nelle testimonianze
del teatro greco. Quando
i teatri non erano occupati
dalle finte battaglie
e dagli spettacoli dei
gladiatori, soltanto il
mimus, azione di mimi
che improvvisavano, prendeva
il posto di quella che
in Atene era la rappresentazione
solenne delle opere di
Sofocle.
Nei secoli successivi,
nell’epoca di Terenzio
(195-159 a.C.) si trasmette
al teatro moderno qualcosa
dell’atmosfera della tarda
commedia greca. C’era
anche, in questo periodo,
un metodo di rappresentazione
teatrale non dissimile
da quello proprio dell’età
ellenistica.
Gli attori infatti della
tragedia portavano lunghe
vesti fluenti (syrmiata),
e nella commedia i vestiti
ricordano spesso quelli
familiari in epoche precedenti.
Si portavano solitamente
le parrucche (galeri o
galearia) e l’attore tragico
ostentava i coturni (cothurni),
come nel periodo greco.
Sembra che si impiegasse
ancora il simbolismo dei
colori: i vecchi vestivano
solitamente il bianco,
i giovani di rosso porpora,
i parassiti di grigio,
le cortigiane di giallo.
Come in Grecia le maschere
erano parte familiare
dell’abbigliamento sfoggiato
dagli attori comici. Una
testimonianza interessante
del loro uso si trova
in un disegno di un manoscritto
dell’Andria di Terenzio.
Ma tutto fu dimenticato,
passati alcuni secoli,
così che quando cadde
l’impero romano gli unici
elementi teatrali o drammatici
superstiti furono le ambigue
rappresentazioni dei mimi,
le ancora più ambigue
esibizioni dei danzatori,
e le opere ampollose di
poeti che scrivevano non
per la rappresentazione,
ma per la lettura
Bibliografia: AUTORE: Allardyce
Nicoll.Lo spazio scenico.
Storia dell'arte teatrale
BULZONI EDITORE
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