FISICA DEL VOLO

 

1. Il fenomeno della resistenza dell'aria
2. La dinamica dei fluidi
  La portata di un condotto
  Moto laminare e turbolento
  Pressione dinamica e pressione statica
  Velocità e pressione statica di un conduttore e la legge di Bernoulli
  Resistenza del mezzo
  Applicazioni della resistenza del mezzo
  Ala di aeroplano
  Elica
3. La portanza alare fondamento del volo dinamico
  L'ala
  I fluidi e le leggi che regolano il volo
  La portanza
  La resistenza
4. Superfici aerodinamiche
  Sistemi di ipersostentazione, aerofreni e spoiler
  I flaps
  Aerofreni e spoiler
  Profili alari

 

IL FENOMENO DELLA RESISTENZA DELL’ARIA

L’aria è una sostanza materiale trasparente, che si presenta come un aeriforme di consistenza molto tenue (800 volte meno densa dell’acqua), composta di un insieme di infinite particelle elementari chiamate molecole. Nell’aria queste molecole sono presenti in numero di 30 miliardi nello spazio di un centimetro cubo; eppure non si trovano troppo strette e vincolate l’una all’altra, data la loro estrema piccolezza.
Risultano bensì libere e relativamente distanziate, e si agitano incessantemente di moto proprio naturale, urtandosi continuamente tra di loro (4 miliardi di urti in un secondo per ciascuna molecola).
Tali urti determinano la cosiddetta pressione statica alla quale ogni corpo resta sottoposto.
L’aria inoltre oppone una certa resistenza che possiamo definire come quella forza che interagisce opponendosi al moto di un corpo, tale resistenza è proporzionale alla densità della sostanza interessata. Densità vuol dire massa totale delle molecole nella unità di volume e allora è chiaro che la quantità e il peso delle molecole spostate è minimo nell’ aria.
Nell’aria la resistenza diventa sensibile soltanto ad una certa velocità, stando fermi avvertiamo la resistenza dell’aria se questa è in moto, ossia quando siamo investiti dal vento. Ciò in relazione al principio di reciprocità secondo il quale le forze che si generano risultano le stesse sia che un corpo si muove nell’aria sia che l’aria investa il corpo. Se si considera per esempio un corpo della forma di una lastra, che si muove nell’aria in senso normale al suo piano, si verifica sperimentalmente che l’aumento di pressione ha luogo sulla faccia anteriore , mentre sulla faccia posteriore si ha una depressione ( cioè una pressione minore di quella statica dell’aria in riposo). Succede cioè che la particelle fluide che urtano sulla faccia anteriore sono bruscamente frenate e forzate a cambiare direzione. Nello spazio sotto vento l’aria è animata da moti vorticosi e viene ad esercitare una depressione sulla faccia posteriore della lastra.
Una lastra esposta frontalmente al vento risente della pressione dinamica dovuta appunto alla velocità che costituisce un primo elemento alla resistenza dell’aria che si denomina precisamente resistenza di pressione.
Possiamo affermare che la resistenza è proporzionale sia alla superficie che al quadrato della velocità.
La viscosità è una particolare caratteristica presentata dalle sostanze fluide e definibile come un attrito interno che si determina in seno al fluido in movimento. Essa è dovuta alla grande libertà di movimento di cui godono le molecole di aeriformi e alla tendenza delle stesse a influenzarsi l’una con l’altra e ad assumere dei moti rotatori come dei noduli. Questi noduli sono effettivamente costituiti da minuscoli vortici animati da un moto rotatorio tale che la velocità di rotazione decresce dal centro verso la periferia del vortice. I vortici si generano normalmente fra due strati di fluido contigui scorrendo a diverse velocità e reciprocamente influenzandosi. La presenza di vortici in un fluido in movimento fa classificare il moto stesso come turbolento. Quando i vortici non si generano e gli strati di fluido scorrono parallelamente l’uno all’altro il moto si dice laminare. In ogni caso minuscoli vortici interessano uno strato d’aria di piccolo spessore adiacenti alla superficie lambita dalla corrente chiamato strato limite. La resistenza di attrito si verifica inevitabilmente anche quando lo scorrimento è laminare, una superficie sulla quale scorre una corrente fluida determina dunque un freno della corrente stessa dovuto alla viscosità dell’aria. Se è il corpo a muoversi nell’aria, per il principio di reciprocità è il corpo a subire nel suo moto l’azione frenante derivante dalla viscosità del fluido,è questa la resistenza di attrito. Ovviamente la resistenza di attrito risulterà tanto maggiore quanto maggiore sarà la superficie esposta alla corrente.
Come sempre avviene anche nell’ attrito solido, l’ attrito fluido comporta uno sviluppo di calore:l’energia così dissipata costituisce la parte maggiore dell’equivalente di energia totalmente spesa per far volare un aeroplano. Consideriamo ora cosa avviene quando un corpo cilindrico disposto orizzontalmente viene investito da una corrente fluida. Le lamine d’aria o filetti fluidi in un primo momento seguono la superficie del cilindro adattandosi a piegarsi secondo la forma arrotondata del corpo e mantenendosi all’incirca paralleli fra loro. Ad un certo punto le linee di corrente, come per inerzia, continuano nella direzione prossima alla tangente in quel punto; non riescono cioè a lambire ulteriormente la superficie ma se ne distaccano: i vortici aderenti allo strato limite si rompono e si svolgono nella corrente a valle e tutto lo spazio sotto vento risulta occupato da aria turbolenta causa di perdita di energia. Per il ricordato principio di reciprocità, l’identico fenomeno si ripete se è il corpo che si muove nell’aria nel qual caso una certa massa d’aria quando è investita dal corpo tende a seguirlo e va a formare una scia acquistando una certa quantità di moto (massa x velocità) a spese dell’energia posseduta dal corpo; questa perdita di energia costituisce l’equivalente della resistenza di forma. Poiché la resistenza di forma è proporzionale all’entità della scia è possibile ridurla riducendo la scia. In definitiva resistenza di forma e resistenza di attrito sono da considerarsi interdipendenti risultando causate entrambe dalla viscosità del fluido.


 

 

LA DINAMICA DEI FLUIDI

LA PORTATA DI UN CONDOTTO

IL regime di moto permanente si viene a creare quando la velocità del fluido in un punto dello spazio occupato dalla massa fluida non cambia col tempo, cioè le particelle mantengono sempre la stessa velocità.
Si può così stabilire che se S è una sezione normale di un tubo e v la velocità media nei punti della sezione, il prodotto Sv misura la portata del tubo,cioè il volume di fluido che attraversa S.
Se il fluido è incomprimibile e chiamando S e S1 le aree di due sezioni e v e v1 le corrispondenti velocità del fluido,si ha : Sv = S1v1

Questa è l’equazione di continuità idrodinamica da cui si ricava : v1/ v = S1/S
Quindi la velocità del fluido in un tubo è inversamente proporzionale alla sezione di questo.

 

MOTO LAMINARE E TURBOLENTO

Prendendo un tubo, in cui vi scorre acqua, e mettendo al suo interno un tubetto con uscita parallela al flusso del fluido contenente un altro liquido colorato,si nota che mantenendo la velocità dell’acqua bassa si forma un filetto abbastanza netto diretto nel senso della corrente: questo regime è detto regime laminare.
Aumentando la velocità della corrente, il filetto colorato assume un aspetto irregolare e finisce per colorare uniformemente l’acqua del tubo. Questo è dovuto alla velocità critica dell’acqua che incontrando l’altro fluido forma attrito e dei moti rotatori detti vortici: questo regime è chiamato regime turbolento.
Quando il moto di un fluido si mantiene laminare, la velocità è crescente dalle pareti all’asse del tubo,il suo centro. Va precisato che la lamina liquida a contatto con la parete ha una velocità nulla per l’aderenza del liquido alla parete stessa. Quando, però, la velocità del fluido supera un valore critico, dalle piccole perturbazioni di questo strato nascono allora dei vortici che trasformano il moto laminare in turbolento.

 

PRESSIONE DINAMICA E PRESSIONE STATICA

Introduciamo in una corrente d’aria prodotta da una soffiera, un tubicino chiuso all’estremo da un dischetto forato e collegato, all’altro, a un manometro ad aria libera.
Si può notare che la pressione dipende dall’orientamento dato al tubicino in seno al fluido.
Quando il tubo è perpendicolare alle linee di corrente non si ha alcuna indicazione dal manometro ,questo tipo di pressione viene detta statica perché l’andamento delle linee di corrente non risulta modificato dall’introduzione del fluido nel tubicino. Possiamo quindi dire:

La pressione statica in un fluido in regime di moto permanente è quella misurata con un manometro che si muove nel fluido con la stessa velocità della corrente, cioè fermo rispetto al fluido.

Cambiando l’orientamento del tubicino in modo che sia parallelo alle linee di corrente, il manometro rileva la presenza di una maggiore pressione.
Questo è dovuto alla velocità delle particelle d’aria che si annulla ora in prossimità del dischetto e la diminuzione corrispondente della loro energia cinetica provoca l’apparizione di nuove forze con l’aumento di pressione in prossimità dell’imboccatura del tubo.
La pressione misurata è la pressione totale.
La differenza tra pressione totale e pressione statica è la pressione dinamica.

 

VELOCITA’ E PRESSIONE STATICA DI UN CONDUTTORE E LEGGE DI BERNOULLI

Prendendo un tubetto a sezioni grandi e piccole si può notare che la pressione statica è minore nelle sezioni più piccole, dove la velocità è maggiore. Ne risulta che deve esistere qualche relazione tra la pressione statica p e la velocità v.

Questa relazione è stata scoperta da Bernoulli che ha scritto la seguente legge:

p + 1/2 roc v v = costante K = pressione totale

ove roc è la densità del fluido, supposto incomprimibile.

 

 

RESISTENZA DEL MEZZO

La resistenza del mezzo è la forza che ostacola l’avanzamento di un corpo in seno a un fluido reale.
Di solito la resistenza viene studiata come resistenza del mezzo in regime laminare e in regime turbolento.
Si ha un regime laminare quando la velocità del mezzo non è eccessiva e quindi la resistenza del corpo è minore: un sottile strato di fluido rimane attaccato al solido seguendo la sua forma.
All’aumento della velocità questo sottile strato di fluido si stacca dalla superficie del solido lasciando dietro di sé una scia di moti vorticosi : perciò questo tipo di regime è detto turbolento.
La resistenza dipende quindi dalla velocità del corpo, dalla forma,dalla sua sezione maestra S e dalla densità(roc):

R = K S v v roc

dove K è una costante numerica,detta coefficiente di resistenza turbolenta, il cui valore dipende dalla forma e dall’orientamento del corpo rispetto alla direzione del moto.

 

APPLICAZIONI DELLA RESISTENZA DEL MEZZO

Prendendo una lamina piana inclinata che si muove in un fluido, inclinata rispetto alle linee di corrente, queste risultano deformate in modo asimmetrico. L’insieme delle forze di pressione ha come risultante R, approssimativamente perpendicolare al piano della lamina.
Questa forza R può essere scomposta in altre due: in una componente verticale R1 chiamata portanza perché serve a sostenere la lamina contro la forza peso, e in una orizzontale R2 detta resistenza perché ostacola il moto della lamina nel fluido.

 

ALA DI AEROPLANO

In un’ala di un aereo assume molta importanza il rapporto tra la portanza e la resistenza che prende il nome di finezza. Per questo motivo l’ala ha un profilo affusolato più o meno inclinato.

 

ELICA

L’elica agisce in modo analogo alle ali di un aeroplano pur muovendosi di moto rotatorio. Le pale fissate al mozzo sono posizionate in verso contrario l’una rispetto all’altra. Per ottimizzare il loro rendimento si dà alle pale una forma elicoidale con la sezione trasversale simile a quella di un’ala, essendo presente anche qui,anche se di minor importanza, il rapporto tra le due forze.


 

 

LA PORTANZA ALARE FONDAMENTO DEL VOLO DINAMICO

Prendiamo in esame un’ala con un profilo (sezione dell’ala fatta secondo un piano perpendicolare alla dimensione maggiore dell’ala stessa) che sia convesso nella superficie superiore e concavo nella superficie inferiore.
Supponiamo che l’ala si muova orizzontalmente da sinistra verso destra, in modo da dare origine ad una corrente fluida la cui velocità relativa viene ad essere diretta da destra verso sinistra.

Il risultato sintetico della azione dell’aria sull’ala è una forza F che non è più orizzontale, ossia non è più diretta in senso contrario alla velocità dell’ala, ma si avvicina più alla verticale che alla orizzontale.
Perciò, se decomponiamo la F in una componente orizzontale e in una componente verticale, risulta la maggiore ed è denominata portanza in quanto è capace di portare un peso, opponendosi alla forza di gravità.
La portanza aerodinamica è dunque una forza, procurata dall’ala in velocità :

P = (cp)e S V²/2

E’ questa forza che si utilizza per la sostentazione del velivolo.
La portanza risulta proporzionale al quadrato della velocità relativa alla superficie dell’ala e ad un coefficiente dipendente dalla forma dell’ala e dalla sua “incidenza”, ossia dall’”assetto” dell’ala rispetto all’aria.
E’ da tenere sempre presente che in un’ala una sufficiente portanza aerodinamica si determina soltanto per una velocità relativa superiore ad un minimo.

Possiamo ora analizzare qualche aspetto del fenomeno che dà origine alla portanza: considerando un profilo alare, si verifica che nel primo tratto della parte superiore dell’ala la corrente fluida aumenta di velocità e allora si determina una diminuzione di pressione: in quasi tutta la parte inferiore dell’ala la corrente fluida diminuisce invece di velocità e vi determina un aumento di pressione.

L’ala risulta così più “aspirata” dall’alto che “spinta” dal basso: i due effetti naturalmente si sommano, e la forza complessiva risulta verso l’alto.
La portanza è anche una conseguenza di una dissimetria del flusso aerodinamico intorno all’ala; in determinati assetti la dissimetria può derivare soltanto da una prevalenza di depressioni nella parte superiore rispetto a depressioni nella parte inferiore.
Una ultima interpretazione del fenomeno della portanza deriva dalla constatazione che nel bordo posteriore dell’ala ( bordo di uscita ) si producono i vortici di scia, i quali si staccano dall’ala e si srotolano verso il basso aumentando di ampiezza e diminuendo di vigore.

 

L’ALA

L’ala costituisce l’organo generatore della portanza del velivolo e merita perciò una trattazione piuttosto particolareggiata.
Il profilo costituisce il connotato più importante che differenzia in modo particolare un’ala da un’altra: in un profilo notiamo il bordo d’attacco ( punto estremo anteriore ) e il bordo d’uscita ( punto estremo posteriore ); il segmento che unisce i due punti suddetti si chiama corda del profilo.
Un’altra particolarità del profilo è costituita dalla curvatura, rappresentata precisamente dalla curvatura della linea media rispetto alla corda.
Notiamo che mentre gli aeroplani antichi, relativamente lenti, avevano ali a profilo molto curvo ispirato dal profilo delle ali degli uccelli, i moderni aeroplani veloci adottano profili alari generalmente biconvessi e di piccola curvatura.
I profili curvi presentano in genere migliori caratteristiche di portanza, ma sono peggiori, dal punto di vista della resistenza, dei profili biconvessi specie sottili: questi sono perciò preferiti nei moderni velivoli veloci.
L’ala si presenta con una forma allungata, con l’apertura alare perpendicolare alla direzione di avanzamento.
La larghezza dell’ala, cioè la dimensione perpendicolare all’apertura, si chiama profondità alare: il rapporto tra l’apertura alare e la profondità è detto allungamento e costituisce una caratteristica molto importante.
Ad esso è direttamente connesso il rendimento dell’ala e in particolare la cosiddetta efficienza massima, che possiamo definire come la capacità da parte dell’ala di sopportare il massimo peso usufruendo della minima forza di trazione.
L’incidenza, che si può definire grossolanamente come l’angolo secondo cui l’ala attacca l’aria, assume dunque la massima importanza per la funzionalità dell’ala.
Se un’ala ha un profilo simmetrico la portanza non si produce a incidenza zero, ma comincia a manifestarsi appena l’ala fa con la direzione della corrente aerea un piccolo angolo, cioè appena si determina dissimetria nel campo aerodinamico.
Superata una certa incidenza, detta incidenza critica, tutta la vena fluida si distacca e si allontana dal dorso dell’ala, immediatamente dopo il bordo d’attacco; la “circuitazione” si interrompe, e lo spazio adiacente alla zona dorsale risulta invaso da aria stagnante e da scie vorticose, diventando inattivo agli effetti della portanza.
Questo “distacco”, cui consegue una repentina caduta della portanza, va sotto il nome di effetto di stallo: è importantissimo notare che lo stallo si produce ad una determinata incidenza qualunque sia la velocità.
Quanto alla resistenza anche essa ovviamente aumenta con l’aumentare dell’incidenza, per l’aumentare della superficie frontalmente esposta.
Il rapporto tra la portanza e la resistenza per ciascuna incidenza si chiama efficienza aerodinamica o finezza, ed è una caratteristica molto importante in quanto definisce il rendimento dell’ala.
Il valore della efficienza indica anche il rapporto esistente tra il peso sopportato e lo sforzo di trazione, cioè:

Gli ipersostentatori, come dice la stessa parola , sono dispositivi che si applicano all’ala, generalmente nel bordo d’uscita, per accrescerne la capacità sostentatrice, attraverso un incremento del coefficiente di portanza e talvolta anche per aumentare la superficie.
Un incremento della portanza dell’ala comporta quindi una vantaggiosa riduzione della velocità minima del velivolo, quella velocità al di sotto della quale il volo non è più possibile.
E’ questa la velocità che si cerca di mantenere al momento dell’atterraggio, perché quanto più bassa essa sarà tanto più facile e sicura risulterà la manovra, e tanto più breve sarà il percorso che il velivolo dovrà compiere a terra per smaltire la velocità residua.
Esistono vari tipi di ipersostentatori, tutti comunemente denominati con la voce inglese “flap”.
Alette ipersostentatrici possono essere applicate al bordo d’attacco dell’ala: esse, abbassate a comando, determinano un aumento della curvatura alare e quindi un incremento della portanza alle basse velocità.

 

I FLUIDI E LE LEGGI CHE REGOLANO IL VOLO

Per poter comprendere le leggi che regolano il volo è di fondamentale importanza comprendere che un velivolo, come tutti i corpi, è immerso in un fluido.
La proprietà fondamentale che li caratterizza è la possibilità che essi hanno di “scorrere”,cioè di mettersi in movimento, cambiando di forma, sotto l’azione di forze tangenziali di scorrimento relativamente deboli.
Quando un fluido è in quiete,i diversi strati che costituiscono la sua massa non possono esercitare gli uni sugli altri che sforzi normali.
Infatti se esistessero sforzi tangenziali, dovrebbe esserci necessariamente movimento, in quanto tali sforzi provocherebbero uno slittamento dei vari strati.
Allorquando i fluidi reali sono in movimento si manifesta un’ importante proprietà:la viscosità.
Essa rappresenta l’attrito interno che si palesa tra strati fluidi in movimento relativo fra loro ed è dovuta al moto di agitazione molecolare, che provoca un fenomeno diffuso, mediante il quale le molecole di due strati fluidi contigui interferiscono tra loro, passando nei due sensi dall’uno all’altro strato.
Se i due strati contigui hanno differenti velocità si viene a stabilire uno scambio di quantità di moto fra le molecole che passano da uno strato all’altro, le molecole relative allo strato più lento, passando a quello più veloce,assorbono una certa quantità di moto ed esercitano su quest’ultimo un’azione di rallentamento, mentre le molecole che passano dallo strato più veloce a quello più lento finiscono per cedere energia a quest’ultimo, tendendo ad accelerarlo.

L’ostacolo quindi che si frappone allo scorrimento relativo fra due strati sarà sicuramente costituito da una forza tangenziale. Quindi, se consideriamo un fluido che investe una superficie alare,esso avrà, nel moto relativo, uno strato sottilissimo che resta attaccato alla parete dell’ala, frenando nel contempo a causa delle forze tangenziali che nascono dalla viscosità, gli strati fluidi adiacenti.

Pertanto, in prossimità della parete si stabilisce un gradiente di velocità che sarà sicuramente massimo sulla superficie dell’ala e va diminuendo man mano che ci si allontana da essa in direzione normale.
Teoricamente l’azione frenante esercitata dal profilo alare dovrebbe ritenersi fino a distanza infinita, in pratica gia ad una certa distanza il gradiente si è talmente ridotto da potersi ritenere nullo.
Potremmo quindi ritenere che la regione fluida intorno al profilo alare è suddivisa in due parti:
· La prima, nelle immediate vicinanze del corpo è caratterizzata da gradienti trasversali di velocità e quindi dalla presenza di sforzi tangenziali. Tale zona entro la quale si risentono gli effetti della viscosità del fluido, prende il nome di strato limite ed ha uno spessore assai piccolo (nell’ordine del millimetro).
· Nella seconda, di gran lunga più ampia, non sono invece apprezzabili gli effetti della viscosità.

 

LA PORTANZA

Quando un velivolo è fermo al suolo, l’unica forza che agisce su di esso è la forza di gravità. Questa forza è il peso (o weight)ed agisce verticalmente dall’alto al basso tutto il tempo.

È quindi di facile comprensione che, per far si che un velivolo si alzi da terra, abbiamo bisogno di una forza che bilanci la forza esercitata dal peso del velivolo e che agisca in senso opposto ad essa. Questa forza è conosciuta come portanza (o lift).

Perché un velivolo possa generare portanza deve essere spinto in avanti attraverso una massa d’aria dai motori. Questa forza è data dai motori e si chiama comunemente spinta o potenza (thrust o power).


Dal primo momento in cui il velivolo inizia a muoversi, la massa d’aria attraversata dal velivolo genera una forza opposta alla spinta, questa forza si chiama resistenza (o drag).

Quindi,quando un velivolo si muove vi sono quattro forze che agiscono su di esso, e sono:

PESO, PORTANZA, SPINTA E RESISTENZA

Esse sono strettamente correlate tra loro:
· maggior peso, maggiore la portanza necessaria;
· maggiore la portanza, maggiore la resistenza;
· maggiore la resistenza, maggiore la spinta necessaria e così via …


Come si genera portanza?

Consideriamo una superficie alare immersa nell’aria e in moto relativo rispetto a questa, e sia a (ALPHA) l’angolo di incidenza, cioè l’angolo che il vettore velocità V forma con la coda del profilo.

Studiando il campo fluidodinamico intorno al profilo ci si è accorti che esso è turbato dalla presenza di quest’ultimo, tanto che i filetti fluidi, aventi un andamento orizzontale a monte dell’ala, vengono deflessi verso il basso nel momento in cui lasciano il bordo d’uscita. In altri termini l’ala induce sulle particelle d’aria delle accelerazioni verticali verso il basso.

L’ala applica una forza F alla massa d’aria che attraversa accelerandola verso il basso. Per il principio di azione e reazione se l’ala è in grado di applicare alla massa d’aria tale forza diretta verticalmente verso il basso, necessariamente le particelle d’aria fanno nascere sull’ala una forza uguale e contraria, diretta cioè verso l’alto.

Da quanto detto appare evidente che la portanza è:

· proporzionale alla pressione dinamica;
· proporzionale al quadrato dell’apertura alare;
· dipende dall’angolo di incidenza e dalla geometria delle ali.
Guardando il fenomeno più da vicino, vogliamo esaminare in dettaglio ciò che succede sul dorso e sul ventre dell’ala.
Si prende in esame la linea di corrente y’-y” che, suddividendosi vicino al bordo di attacco, scorre poi intorno al dorso e al ventre e che ricongiungendosi sul bordo di uscita, ridiventa un’unica linea di corrente.
La particella ha inizialmente la velocità della corrente libera e decelera fino a fermarsi sul bordo di attacco in un punto, detto punto di ristagno.
Da questo punto la particella si allontana seguendo la superficie alare e la sua velocità aumenta, rispetto a quella della corrente indisturbata sino a raggiungere il massimo valore all’incirca in corrispondenza del massimo spessore percentuale.
Successivamente la particella decelera e raggiunge sul bordo di uscita l’altro punto di ristagno, dopo di che, accelerando nuovamente, si riporta infinitamente a valle, alla velocità della corrente indisturbata.
Per il teorema di Bernoulli la pressione sarà massima nei punti di ristagno e minima lì dove la velocità assume i valori più elevati.
Traducendo graficamente i valori di queste pressioni e depressioni in tanti vettori nei vari punti del profilo e normalmente alla linea del suo contorno si può ottenere in modo molto espressivo la distribuzione delle pressioni.
Nelle figure a seguire è individuata la distribuzione delle pressioni sul contorno del profilo a diverse incidenze. E’ il caso di sottolineare che le depressioni sul dorso tendono a risucchiare l’ala verso l’alto, mentre le pressioni sul ventre la spingono nello stesso senso.
In altri termini il massimo contributo alla portanza è fornito dalle depressioni sul dorso, incede che dalle depressioni sul ventre come erroneamente potrebbe immaginarsi.

 

LA RESISTENZA

Abbiamo già parlato della viscosità dei fluidi ed abbiamo individuato nello strato limite la zona di fluido, nella quale le forze viscose non sono affatto trascurabili.
Il deflusso delle particelle fluide all’interno dello strato limite può essere di due tipi: laminare o turbolento.

Il moto laminare è caratterizzato da linee di corrente tra loro parallele e cioè i diversi strati scorrono l’uno sull’altro senza mescolarsi.
Nel moto turbolento, invece il deflusso è del tutto irregolare, le particelle fluide passano da uno strato all’altro e sono presenti rapide e disordinate variazioni dell’intensità, della direzione e del verso del vettore velocità. Tali movimenti irregolari delle particelle fluide conducono alla formazione di vortici che rimescolano continuamente il fluido dei diversi strati.
Una classica esperienza condotta da Reynolds permise di osservare che il flusso rimaneva laminare se era caratterizzato da un numero di Reynolds inferiore ad un valore detto numero di Reynolds critico; mentre al di sopra di tale valore il moto assumeva un comportamento turbolento.
Altre esperienze compiute su un corpo lambito da una corrente hanno evidenziato che lo strato limite laminare non si stende per tutta la lunghezza del corpo, ma esso diviene turbolento allorquando il numero di Reynolds locale supera il valore di Reynolds critico.

Si vede come il flusso nello strato limite passi da laminare a turbolento nel punto T, detto punto di transizione, ove localmente si raggiunge il numero di Reynolds critico.
Si noti anche come lo spessore dello strato limite aumenti man mano si passa dal moto laminare a quello turbolento e come nei flussi turbolenti gli sforzi tangenziali sulle pareti, siano maggiori rispetto ai valori che si producono nei flussi laminari.
Tali flussi sono però estremamente instabili e sotto l’azione di un pur impercettibile disturbo a sformarsi in irregolari flussi turbolenti.
In particolare ciò accade:
a) sotto l’azione delle perturbazioni provocate dalla rugosità della superficie;
b) all’aumentare della turbolenza iniziale della corrente;
c) al crescere del numero di reynolds;
d) in presenza di gradienti avversi di pressione.
Il punto di transizione T, che è per lo più seguito da una zona di transizione, sulla quale inizia il flusso turbolento si spostano verso il bordo d’attacco al crescere del numero di reynolds della corrente indisturbata e del grado di turbolenza iniziale, della rugosità della superficie e della curvatura del profilo.

Un altro importante fenomeno connesso agli strati limite è quello della separazione della vena fluida.
Seguendo lo sviluppo dello strato limite lungo il contorno di un profilo alare potremmo individuare una zona (dal punto di ristagno anteriore fino al punto T di transizione) nella quale il deflusso è laminare, un'altra zona, delimitata dal punto di transizione sino al punto S, detto punto di separazione, nella quale lo strato limite è turbolento ma ancora aderente alle pareti ed infine una zona a valle del punto S nella quale la corrente fluida si distacca dal corpo e origina una scia turbolenta.

Vogliamo ora approfondire il motivo per il quale le particelle fluide si separano dalle pareti.
Per chiarire il fenomeno ricorriamo al teorema di Bernoulli, il quale dal punto di vista energetico esprimeva il concetto che in un fluido non viscoso la somma delle sole forme di energia presenti cioè quella potenziale (di pressione) e quella cinetica restava costante.
Lungo il profilo quindi si aveva una trasformazione di energia di pressione di energia cinetica e viceversa e non vi erano dissipazioni di energia di attrito.
Ciò consentiva alle particelle di viaggiare anche contro gradienti di pressione avversi (aumenti di Pressione) a spese della loro energia cinetica e quindi di seguire l’intero contorno del corpo.
In un fluido reale essendo presente la viscosità e quindi un fattore dissipativo, parte dell’energia cinetica deve essere impiegata per vincere l’attrito e quindi viene dissipata proprio nelle immediate vicinanze della parete, lì ove le forze viscose non solo trascurabili.
Pertanto non è più possibile ottenere una totale riconversione dell’energia cinetica in energia di pressione.
Inoltre la particella, che ha dovuto spendere energia cinetica per effetto della viscosità si può trovare ad affrontare gradienti di pressione positivi (aumenti di pressione nella direzione del moto) che ne ostacolano il moto stesso.
Accade pertanto che essa non ce la faccia ad andare avanti e si fermi per poi invertire il suo movimento sotto l’effetto della pressione più forte a valle che a monte.
Si verifica quindi un’inversione del flusso con la conseguenza di una sua separazione e formazioni di una scia.
La resistenza di origine viscosa che un profilo alare incontra nel suo moto relativo prende il nome di resistenza di profilo.

Essa può essere suddivisa in resistenza di attrito e resistenza di scia o di forma.

La resistenza di attrito D è dovuta all’azione delle forze tangenziali di attrito che nascono all’interno dello strato limite. Essa costituisce l’aliquota più grossa della resistenza di profilo ed è chiaramente influenzata dalla rugosità delle superfici.
In particolare la resistenza di attrito è più marcata negli strati limiti turbolenti che in quelli laminari.

La resistenza di scia o di forma DS,deriva dal mancato recupero conseguente alla separazione dei flussi e alla formazione delle scie, queste forme di resistenza sono proporzionali alla pressione dinamica.

Oltre alla resistenza dovuta alla viscosità, l’ala è soggetta anche ad un’altra forma di resistenza, detta resistenza indotta, originata dalla portanza. Si consideri infatti un’ala in moto relativo rispetto all’aria e ricordiamo che il dorso è caratterizzato da una depressione e il ventre da una sovrapressione.
Chiaramente l’aria tenderà, all’estremità alari, ad andare dalla zona ad alta pressione (ventre) a quella a bassa pressione (dorso), creando dei vortici marginali la cui intensità sarà tanto più grande quanto maggiore sarà la differenza di pressione tra ventre e dorso, cioè n altri termini quanto maggiore è la portanza.

In definitiva la resistenza totale è la sommatoria della resistenza di scia o di forma e la resistenza indotta, ed è il prezzo che bisogna pagare per poter generare portanza.


 

 

SUPERFICI AERODINAMICHE

SISTEMI DI IPERSOSTENTAZIONE, AERO FRENI E SPOILER

I sistemi di ipersostentazione hanno il compito di aumentare i coefficienti di portanza e quindi dei diminuire le velocità di sostentamento. Nonché di rinviare lo stallo a più elevati angoli d’attacco.
E’ evidente la necessità dell’ipersostentazione nel ridurre ad esempio lo spazio di rullaggio nel decollo, infatti tanto maggiore sarà l’aumento del coefficiente di portanza tanto minore sarà la velocità di decollo e quindi lo spazio in cui esso avverrà.
Per motivi di tempo analizzeremo solo alcuni tipi di flap fra i più utilizzati.

 

I FLAPS

Consentono di variare la curvatura essendo costituiti da alette poste sul bordo d’uscita le quali possono essere ruotate verso il basso con diversi angoli.
Spesso possono anche spostarsi all’indietro formando dei canali (slots), i quali, ponendo in collegamento il ventre e il dorso dell’ala energizzano la vena fluida, la quale come detto in precedenza quando parlavamo di portanza, tende a distaccarsi alle alte incidenze.

Vi sono diversi tipi di flaps, e sono:
· plain flap;
· split flap;
· slotted flap;
· fowler flap,
· leading edge slat;

Plain flap

Il plain flap è uno dei flap di più semplice costruzione. Viene comunemente utilizzato su velivoli che volano con velocità caratteristiche basse e che non necessitano di decollare su corte distanze.

Split flap

Il flap in questo caso è parte “integrante” del ventre dell’ala, la sua caratteristica è quella di non modificare il profilo superiore dell’ala quando il flap è abbassato.
Questo tipo di flap dà pressoché lo stesso incremento in termini di potenza del plain flap a bassi angoli d’attacco ma, agli alti angoli d’attacco da un apporto leggermente superiore.
Ciò è dovuto al fatto che non modificando la superficie superiore dell’ala il distacco della vena fluida è ritardato. Rispetto al plain flap la resistenza generata è superiore.

Slotter flap

La particolarità di questo tipo di flap è quella di generare dei “gap” nel momento in cui viene abbassato. La funzione di questa “gap” è quello di permettere il passaggio di aria dal ventre (che ricordiamo avere una maggiore pressione) al dorso dell’ala allo scopo di rigenerare la vena fluida determinando un ritardo nel distacco della stessa.
Questo tipo di flap da grande apporto alla potenza rispetto al plain flap, ma di contro è molto complesso da costruire.

Fowler flap

Il fowler flap, a differenza degli altri tipi di flap, prima di abbassarsi si sposta indietro. Questo permette un aumento della superficie e della corda, con conseguente aumento di potenza (si ricorda che il coefficiente di portanza è in funzione della superficie alare).
Il fowler flap rispetto agli altri tipi di flaps è quello che genera la maggior portanza.

Leading edge slat

Spesso sui veicoli moderni si ha una combinazione di flaps posteriori con flaps anteriori (slats), i quali allontanano ancor di più il pericolo della separazione della vena fluida con conseguente stallo aerodinamico.
Il leading edge slat non è altro che un flap che si estende dal bordo d’attacco anteriore e che permette come per alcuni tipi di flap il passaggio di aria dal ventre al dorso dell’ala rienergizzando così la vena fluida.

 

AEROFRENI E SPOILER

Aerofreni

Durante il volo può presentarsi la necessità di effettuare discese ripide o di ridurre rapidamente la velocità a causa di emergenze che si possono verificare o più semplicemente per motivi di carattere operativo.
In tali circostanze si ricorre a particolari dispositivi detti aerofreni.
Essi sono veri e propri freni aerodinamici costituiti da superfici mobili poste per lo più sulle ali, vicino al timone o sotto la fusoliera: Possono essere delle normali superfici o presentare delle forature per aumentare la resistenza aerodinamica.
Gli aerofreni posti sull’ala presentano una fessura lungo tutta la loro estensione, in prossimità dell’articolazione con la superficie alare in modo che il loro utilizzo consente allo strato limite di continuare a restare aderente all’ala, senza che vi sia possibilità di distacco della vena fluida con conseguente perdita di portanza.

Spoiler

Gli spoiler, pur aumentando la resistenza come gli aerofreni, hanno invece essenzialmente la funzione di ridurre la portanza e sono, similmente agli aerofreni, costituiti da superfici mobili poste sul dorso alare.
Essi interrompono, diversamente dagli aerofreni, il flusso dello strato limite e provocano il distacco della vena fluida con conseguente perdita di portanza.
A differenza delle altre superfici aerodinamiche, di norma vengono utilizzati in atterraggio, dopo che il velivolo ha toccato il suolo, per far aumentare l’aderenza tra pneumatico e pista con conseguente miglioramento sugli effetti frenanti.
Vengono utilizzati anche in volo per coadiuvare gli alettoni. In tal caso però gli spoiler, detti “spoiler di volo” si sollevano solo parzialmente e solo dal lato in cui si solleva l’alettone.

PROFILI ALARI

Finora abbiamo parlato di portanza e di superfici mobili dell’ala, un altro elemento importante è dato dalla forma in pianta dell’ala stessa e dalle diverse caratteristiche che essa ne comporta.
Di seguito sono rappresentante alcune forme tipiche che vanno dalla più antica forma rettangolare a quella a freccia.

I principali profili alari utilizzati nell’aviazione civile moderna, e che andremo ad analizzare, sono quelli rettangolari e a freccia.


Il profilo rettangolare

Quello che fino ad ora non abbiamo detto, è che quando su una superficie alare si verifica uno stallo esso non avviene simultaneamente e nello stesso modo per tutti i profili alari.
Nel caso del profilo alare rettangolare , la separazione della vena fluida ha origine dalla radice per poi espandersi fino all’estremità alare.

La riduzione della portanza quindi avviene prossima al centro di gravità, se lo stallo avviene in modo assimetrico, cioè prima su un’ala che sull’altra, avremo come conseguenza una piccola tendenza del velivolo alla rotazione, il velivolo perderà quota ma resterà più o meno livellato con le ali. La perdita di portanza porterà il centro di gravità all’indietro e la prua del velivolo tenderà a “cadere”. Quindi c’è una naturale tendenza del velivolo a rimanere lontano dagli angoli d’attacco critici.
Inoltre, il distacco della vena fluida dalla radice dell’ala verso l’estremità oltre a permettere il controllo laterale del velivolo fino al completo stallo aerodinamico, fa defluire lo strato turbolento lungo la fusoliera verso i piani di coda dando un avviso aerodinamico al pilota dell’avvicinamento alla condizione di stallo stesso.

Tutti questi fattori danno le migliori caratteristiche desiderabili per un profilo alare. Sfortunatamente però il profilo rettangolare ha degli sforzi alla radice dell’ala indesiderabili ed inoltre aerodinamicamente poco efficiente. Per questi motivi i moderni velivoli utilizzano per lo più ali a freccia o trapezoidali.


Il profilo trapezoidale

A differenza del profilo rettangolare, in questo tipo d’ala, la separazione della vena fluida ha origine dall’estremità alare per poi espandersi fino alla radice.
In questo tipo di ala se si verifica uno stallo, lo stallo in se provocherebbe vibrazioni sui comandi laterali e probabili violente rotazioni del velivolo, inoltre a differenza del profilo rettangolare non ci sarebbe nessuna “avvisaglia” aerodinamica.

Per evitare il verificarsi di tali condizioni il profilo di questa ala deve essere modificato con:
· una torsione geometrica dell’ala riducendo l’angolo d’attacco all’estremità alare e incrementandolo man mano che ci si avvicina alla radice;
· variando lo spessore dell’ala stessa in relazione alla sua lunghezza;
· applicando dei leading edge slot al fine di rienergizzare la vena fluida.
Un altro metodo per forzare questo tipo di profilo alare al stallare prima alla radice è quello di applicare sul bordo di attacco una “stall strip”. Questo non è altro che un profilo con il raggio del bordo di attacco ridotto il quale ha come effetto quello di far si che il distacco della vena fluida si verifichi anticipatamente rispetto al resto dell’ala.
Questo profilo aerodinamico viene posizionato prossimo alla radice del bordo d’attacco.
Un ulteriore metodo per aiutare a prevenire lo stallo delle estremità alari è l’applicazione di “vortex generator”. Esse sono dei profili aerodinamici proiettati verso l’alto nella vena fluida della lunghezza di un paio di centimetri. Questi non fanno altro che generare un flusso d’aria libero che va ad aggiungere energia cinetica alla vena fluida diradandone la separazione.

Tutto questo al fine di forzare l’ala a stallare prima alla radice che alla sua estremità.


Il profilo a freccia

Il profilo a freccia tra i vari profili è quello più utilizzato, in quanto ci permette di ritardare l’insorgere del mach critico e quindi di volare ad elevate velocità.
Questo profilo però, oltre ad avere la tendenza a stallare prima alle estremità come per il profilo trapezoidale, porta il centro di pressione verso il centro di gravità generando così un momento a cabrare del velivolo in fase di stallo.

Questo fenomeno è conosciuto come “pitch-up”, ed è un fenomeno molto pericoloso per la condotta del volo in quanto, come detto in precedenza, per poter rimettere il velivolo in condizioni di volo a seguito di uno stallo è necessario ridurre l’angolo d’attacco. Nel fenomeno di “pitch-up” il velivolo in stallo tende a mantenere un assetto cabrato incrementando l’angolo d’attacco e rendendo impossibile riprendere il controllo del velivolo.
Tale fenomeno è causato dal “down wash”, ossia tutta la portanza generata dall’ala va ad investire i timoni di coda i quali, a loro volta, vanno ad aumentare l’assetto cabrato del velivolo.

Onde evitare questo tipo di problema, che porterebbe ad una catastrofe, in sede di progettazione vengono incorporati nell’ala alcuni accorgimenti aerodinamici al fine di mantenere “indisturbata” la massa d’aria del timone di coda.


Uno di questi sono le “wing fence”, composto da una lamina metallica che avvolge il profilo superiore (o dorso) dell’ala dal bordo d’attacco a quello d’uscita allo scopo di evitare il deflusso d’aria dalla radice all’estremità. Aggiungono solitamente i “vortilon” se i motori dell’aereo sono posizionati sulla fusoliera del velivolo e si vanno ad aggiungere, come effetto aerodinamico, alle wing fence ad alti angoli d’attacco.
Un altro accorgimento tecnico poco utilizzato nei moderni velivoli di linea è lo “saw tooth” il quale ha lo scopo di generare un forte vortice ad angoli d’attacco elevati limitando così il deflusso d’aria dalla radice all’estremità.