STORIA DEL VINO RETICO

Sommario


1.   Premessa
2.   La vite nella storia
3.   Il vino: Alimento o "Venenum"?
4.   Viti e qualità di vino nelle fonti veronesi
5.   Il ruolo di S. Zeno e di Fracastoro nella storia del vino Bardolino
6.   Tabella storiografica


PREMESSA

Fin dall’antichità il vino si carica di significati allegorici e diviene oggetto di culto. Già nell’antica Grecia si conosceva la pianta della vite (Vitis Vinifera) che veniva distinta dalla pianta selvatica comune.
Molti sono i manoscritti che direttamente o indirettamente ci forniscono prove di un radicato culto del vino legato a divinità tra le quali spicca Bacco, il dio del vino per eccellenza.
Nella tradizione orientale, numerica in modo particolare, la pianta della vite descritta come albero della vita ed il vino sono simbolo della gioventù e di vita eterna.
Rilevanti sono le testimonianze di una religione della vite e del vino presente presso il lago di Genezareth. Il Cristo stesso nel Vangelo ce ne dà prova facendo proprio il simbolo della vite. Anche nella tradizione ebreo – giudaica il vino assume un’importanza rilevante. La divinità della Luce e della Sapienza, il Redentore, viene identificata con la Vite di Vita che è l’albero cosmico "poiché avvolge i cieli dove le stelle sono i suoi acini".
La vite in questo particolare contesto viene altresì usata per differenziare il comportamento di un uomo virtuoso da quello di un empio. Se l’uomo virtuoso viene paragonato in Germania ad un tralcio di vite che fruttifica, d’altra parte l’uomo blasfemo è associato ad "un tralcio degenere di vigna bastarda".

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LA VITE NELLA STORIA


Gli antichi Greci, raffinati consumatori di vino durante i simposi, chiamavano l'Italia Enotria che significa terra del vino. Anche i vini veronesi godevano di un certo prestigio fra gli antichi i quali ne seppero esaltare la tipicità (Catullo, Plinio e Fracastoro). I reperti fossili di alcune vitacee rinvenuti a Bolca e risalenti a 50 mila anni fa furono classificati da Abramo Massalongo nel secolo scorso e inseriti nel genere provvisorio degli Ampelophyllum, dal quale distinse tre specie: moeticum, bolcense, voltianum. Recentemente sono stati ritrovati nel medesimo luogo reperti di foglie di vitacee morfologicamente più simili ai vitigni dei nostri giorni e che sono state classificate nuovamente nel genere ideato da Massalongo. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che le viti vinifere fossero derivate da questa antichissima ampelidea, come quella riportata in figura.
Il legame che si evoluto tra Veneto e vite ha portato la regione ad essere una delle maggiori produttrici di vino d.o.c. con svariate tipologie di vigneti che soddisfano ogni genere di richiesta del consumatore.


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Le prime leggi per la salvaguardia delle viti furono dei Longobardi, in particolare il re Rotari previde pene per chi danneggiava le piante e ne rubava grappoli. In seguito si aggiunsero disposizioni riguardanti la cura del vigneto, la vendemmia e la preparazione del vino. Inoltre la diffusione della coltura della vite venne costantemente incentivata.
Nel periodo compreso tra il 1300 e il 1400 la politica veneziana rivolse la sua attenzione all'entroterra. Venezia diede un nuovo ordinamento alla vitivinicoltura ed al commercio ponendo grande attenzione alle frodi commerciali e al contrabbando. Alcune città venete, come ad esempio Padova e Venezia chiamano "ombra" il bicchiere di vino, facendo riferimento all'ombra del Campanile di San Marco, che riparava dal sole e dalla calura le botti del vino. Tuttavia nelle zone veronesi non vale questo termine.
I vini veneti trovarono sempre maggiori riconoscimenti, in particolare nel continente europeo e specie in Germania. Nel 1709 il gelo causò una strage di vitigni che danneggiò seriamente la viticoltura, la quale si riprese lentamente col passare del tempo. Seguirono anche grandi infestazioni di Oidio, Peronospora e infine di Filossera che misero in crisi la viticoltura quasi ovunque e si verificarono drastiche riduzioni delle varietà coltivate.
Attualmente presso il Museo Veronese del Teatro Romano è conservata la patera di bronzo rinvenuta a Calmasino, utensile romano a forma di bassa scodella ed utilizzato per versare il vino durante i sacrifici o nei convivi.

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Gli antichi abitanti degli insediamenti palafitticoli della zona del Garda consumavano sicuramente l'uva prodotta, poichè il vino era un integratore alimentare pressochè obbligatorio per il suo contenuto energetico e per la sua conservabilità. Le prime coltivazioni di vite vinifera sono attribuite alla civiltà paleoveneta ed etrusca: "l'arte delle situle" , della quale sono rimasti numerosissimi reperti. E' noto il riferimento di autori romani come Celso e Virgilio al vino retico, cioè della Retia, regione collinare che si estendeva nella parte centrale della pianura padana. Il vino retico interessava le colline veronesi, proprio quelle dove oggi si produce la maggiore quantità di eccellenti vini d.o.c.
La coltivazione della vite ebbe modo di svilupparsi e perfezionarsi con i paleoveneti prima, ed i Romani in seguito nonostante le devastazioni di alcune tribù barbare: dai Visigoti e gli Unni agli Elvezi e Ostrogoti. Cassiodoro, ministro di Teodorico, lodò notevolmente "l'Ancinatico", "pietanza da bere, bevanda da mangiare", la cui descrizione corrisponde a quella dell'attuale Recioto.

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E' considerata anche l'antico prototipo della tazza bordolese o borgognotta.
A Valeggio sul Mincio è stata ritrovata una situla di bronzo, cioè un particolare recipiente a corpo tronco-conico, stretto in basso, utilizzato come vaso sacrale per contenere il vino, databile tra il VII e il VI secolo a.C. A Peschiera sono stati rinvenuti mestoli (sympula) risalenti al V secolo a.C. adibiti al prelevamento del vino o dell'acqua dai recipienti.
A Rivoli nel 1885 sono stati riportati alla luce una situla ed un bacile in lamina di bronzo in un solo pezzo, con una decorazione a sbalzo e la sommità dell'orlo modellata a tortiglione.

 

 

 

 

Fonti: -"La Gardesana del vino Bardolino", di Paronetto Lamberto, 1994
           -"L'enotecnico", marzo 1995

 
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IL VINO: ALIMENTO O "VENENUM"?

Il vino rappresenta una parte importante della cultura umana da almeno 10000 anni, assumendo aspetti nutrizionali e socio- religiosi. Recentemente l'interesse sia medico che scientifico si è volto soprattutto al vino rosso. Come è ben noto il vino contiene etanolo, o meglio alcool, in una percentuale che si aggira intorno al 10%.
L'alcool è verosimilmente la droga più usata nel mondo, tollerata sia fisiologicamente che socialmente, ma che nello stesso tempo contribuisce in maniera pesante alla comparsa di molteplici malattie, alla violenza, ai disordini sociali e alla mortalità. Come i grassi e lo zucchero, l'alcool è raramente presente allo stato naturale e, come i grassi e lo zucchero, l'organismo umano ha scarsissime capacità di controllarne il consumo. E' noto inoltre che il vino contiene una cospicua quantità di energia: circa 70- 75 calorie per 100 grammi di bevanda. Tale apporto calorico è soprattutto legato all'etanolo, perché lo zucchero presente nel succo dell'uva viene fermentato e produce appunto alcool etilico. L'alcool "di per sé" non contiene proprietà nutrienti: di qui l'affermazione che si tratta di "calorie vuote" e quindi di nessun valore dal punto di vista nutrizionale. Il succo dell'uva, di cui il vino è il prodotto fermentato, contiene invece circa 2000 sostanze che hanno assunto elevato significato nutrizionale e metabolico. Quasi tutto lo spettro vitaminico è presente anche se in quantità assai modeste; è credenza inoltre che il vino contenga cospicue quantità di ferro. Di qui il suo supposto ruolo antianemico e d'altra parte la sua ipotizzata responsabilità in alcuni stati morbosi come la siderocromatosi. Tali assunti devono essere categoricamente smentiti perché il contenuto in ferro è del tutto trascurabile.
Del tutto recentemente sono stati studiati alcuni componenti del vino, i quali possiedono soprattutto significative proprietà antiossidanti. Polifenoli, stilbeni, flavonoidi sono sostanze che hanno richiamato l'interesse degli studiosi: in particolare la quercitina e il resveratrolo, che ha attirato l'attenzione già nel 1992. Questa sostanza è prodotta in autunno quando l'uva viene intaccata dalla botrytis cinerea, micelio a cui è dovuta la nobiltà dei vini di Sauternes. Ma la botrytis è dannosissima per gli altri vini, specie per i rossi: la capacità di un'uva di produrre resveratrolo è proporzionale alla sua resistenza alla botrytis. Si è osservato che il resveratrolo è capace di proteggere l'ossidazione della lipoproteine LDL: questo fenomeno ossidativo, contrastato dalla vitamina E, presente in tale lipoproteina, è la causa che scatena l'arteriosclerosi. Tutti i citati polifenoli hanno dimostrato di possedere attività antiossidante molto più elevata della stessa vitamina E. Si pensa dunque che i polifenoli del vino agiscano proteggendo la vitamina E nella sua azione antiossidante sulle LDL. I flavonoidi, in particolare il resveratrolo, rivestono una notevole importanza cardiovascolare: sembra infatti che agiscano direttamente sull'endotelio vascolare favorendo la liberazione di ossido nitrico; questa sostanza risulta importante per la miglior funzione vascolare, specie in virtù di una potente attività vasodilatante. Inoltre si è potuto dimostrare che i suddetti polifenoli inibiscono la sintesi del tromboxano nelle piastrine, azione importante nella regolazione del fenomeno trombotico. L'attività dei componenti del vino sui meccanismi della trombosi aiuta a spiegare l'ipotesi che moderate quantità di vino rappresentino un significativo fattore di protezione per la patologia ischemica miocardica. Le numerose sostanze contenute ne vino e, principalmente, gli antiossidanti, risentono fortemente delle modalità utilizzate per realizzare la bevanda. È soprattutto il vino rosso che conferisce il maggior potere protettivo, dato che i suoi tempi di spremitura sono più lunghi, perciò la buccia dell'acino, che contiene la maggior parte dei polifenoli, ne lascia percentuali più elevate. Inoltre le bucce stesse vengono lasciate nel mosto del vino rosso durante la fermentazione, mentre vengono tolte durante la preparazione dei vini bianchi. È necessario sottolineare che la quantità di polifenoli presenti nel vino dipende anche dal tipo di uva e dai fattori ambientali che influenzano lo sviluppo del vigneto. Gli effetti positivi del vino sono stati confermati dal cosiddetto "paradosso francese", cioè la bassa incidenza di malattie cardiovascolari osservate in Francia, nonostante una dieta ricca di grassi saturi. Tuttavia il consumo di vino dev'essere contenuto in un paio di bicchieri al dì, oltre questa quantità si perde l'eventuale beneficio del vino, poiché tutti i suoi componenti cessano di costituire un fattore benefico e protettivo per la salute, diventando invece un particolare fattore di rischio.
In contrasto con i benefici effetti del vino sopracitati, il consumo di bevande alcoliche rappresenta uno dei più rilevanti fattori di rischio per lo sviluppo di alcuni tipi di tumore: tra questi vi sono quelli del cavo orale e delle prime vie digestive, oltre al pancreas e al fegato
Gli effetti del consumo di vino sullo stato di salute sono sempre stati assimilati a quelli dell'alcool, poiché si pensava che solo da questo potessero venire il bene o il male di questa bevanda. Alcune virtù sono state sicuramente sovrastimate, come quella antianemica o quella stimolante l'appetito, oppure la capacità di dilatare le coronarie. Si tratta di esempi di credenze popolari che oggi sappiamo non avere alcuna validità. E' necessario sottolineare che alcool e vino non sono la stessa cosa: l'etanolo è solo uno dei componenti del vino. Si è infatti dimostrato che vi è una correlazione inversa tra consumo di alcool e mortalità per infarto del miocardio; quando il consumo supera i valori quotidiani di 40/50 grammi di alcool, il rischio cardiovascolare aumenta progressivamente e tutto l'effetto protettivo scompare.

 

VITI E QUALITA' DI VINO NELLE FONTI VERONESI

 
I tipi di vitigno che le fonti medievali (a partire dal Duecento) ci presentano sono abbastanza numerosi. Tuttavia è necessario precisare che a quel tempo la classificazione tipologica del vino non era tanto importante quanto lo è oggi. La vitivinicoltura medievale era in sostanza un fatto quantitativo piuttosto che qualitativo, infatti ci si limitava a distinguere i vitigni coltivati in pianura da quelli coltivati in collina. Ciò è testimoniato da molti documenti veronesi; 
 
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ne è esempio uno statuto del 1244 riferito al territorio di Cologna Veneta, che proibiva di mescolare il vino de plano a quello de monte. Questa differenza di qualità si traduceva anche in diversità economiche, sociali e di aree di consumo. Un analogo trattato veronese del 1276 riconosce come vino di qualità inferiore il vinum zosarum (cioè il vino "di giù", ossia di pianura) rispetto al vino di collina.
Nelle nostre fonti si individuano qualità particolari: tra le uve da tavola, per esempio, gli statuti del 1276 ricordano la Luiana (lugliatica) tra le uve bianche, la Pergola o Brumesta fra quelle rosse e infine l'uva Varonum. Tra le uve da vino, la più menzionata dai testi notarili veronesi è la Schiava, un'uva bianca in genere coltivata bassa e in terreni collinari, diffusissima in tutta l'Italia settentrionale. Nel Veronese sono spesso citate anche le viti maiores, la cui denominazione, in contrapposizione alla sclava, ha fatto pensare che si tratti di viti coltivate alte, mentre le sclave sono coltivate basse (come è indicato in un contratto del 1190 le vinee sclave sono da impiantare nei terreni de monte, mentre le vinee maiores in quelli de plano).
Il medico-naturalista Agostino Gallo, del XVI secolo, ritiene che nei terreni peggiori vadano piantati alberi o vigneti piuttosto che siano seminati cereali o trifogli. In sostanza i migliori terreni per la coltivazione sarebbero stati luoghi abbastanza caldi, sereni, secchi, asciutti e quindi piuttosto nei colli che nei piani. Questa preferenza per il suolo collinare è ulteriormente confermata dal letterato Rivanello (1502), che dà un giudizio positivo del vino qui ricavato:
 
"Vo tu star sano?
Manza e bevi fin domano
E tolli vin da monte
E lassa star lo piano".
 
Le condizioni territoriali e climatiche sopra citate sono congeniali alla coltivazione dell'uva Retica, molto apprezzata nell'epoca romana. Di estrema importanza a questo proposito è la testimonianza di Valerio Catullo, autore latino primo nell'aver riferito di vini a denominazione d'origine controllata.
Anche Porcio Catone e Columella elogiarono il vino retico mettendo in risalto la supremazia della collina sulla pianura, come luoghi di coltivazione.
La coltivazione dell'uva Retica avviene soprattutto in collina e in ambienti a clima favorevole dell'Italia settentrionale.

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IL RUOLO DI S. ZENO E DI FRACASTORO NELLA STORIA DEL VINO BARDOLINO

 
Nel contrassegno che abbraccia il collo della bottiglia è rappresentato S. Zeno, vescovo patrono di Verona. La sua predicazione, infatti, si rifaceva sovente ad argomentazioni e spunti legati ai lavori agricoli e particolarmente alla vigna. Ne parlava da campagnolo, quale si compiaceva considerarsi; nelle sue parabole esaltava l'azione prodigiosa del sole nel far maturare l'uva e configurava Gesù nella vite e il suo sangue nel vino. S. Zeno diventa, pertanto, protettore del vino per la grande considerazione che aveva nei confronti dei vignaioli e delle loro viti.
Un altro personaggio di rilevanza notevole che parla, come medico, degli usi terapeutici del vino è Fracastoro; egli richiamava l'attenzione sull'importanza di preservare la tipicità del vino, la "natura specifica" che gli era propria.
Si può dire, per questo, che Fracastoro sia stato un antesignano della denominazione d'origine del Bardolino.

 

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TABELLA STORIOGRAFICA

dell'arte di fare vino.jpg (21078 byte) 52 Milioni di anni fa…(epoca terziaria)

A Bolca sono stati trovati reperti fossili di alcuni vitacee.
A. Massalongo li classificò nel 1859.

Periodo Neolitico

Nelle stazioni di Poloda e Puegnano sono stati rinvenuti vinaccioli di Vitis silvestris; nelle vicinanze di Peschiera e Solferino sono venuti alla luce vinaccioli di Vitis vinifera silvestris.
VII-VI sec .a.C. viene ritrovata a Valleggio una SITULA, ossia un vaso sacrale per contenere il vino.

7°-6° sec. a.C.

Viene ritrovata a Valeggio una Situla, ossia un vaso sacrale per contenere il vino.

1°sec. a.C.

Catullo, nelle sue liriche, dimostrò particolare attaccamento al vino retico.

79

Plinio parla del vino retico e della coltivazione della retica in "Veronesi agro"

1° sec. d.C.

A San Giorgio in Salici vengono ritrovate anfore e Pàtere romane usate nei convivi.

100

Vino "retico" dei Romani.
A S. Giorgio in Salici vengono ritrovate anfore e Pàtere romane, tipo di anfore usate nei convivi.

386

S. Zeno, vescovo di Verona, è diventato protettore del Bardolino perché nelle sue prediche teneva in grande considerazione le viti e i vignaioli.

800

Interesse dei grandi monasteri per la produzione del vino sul Garda, i monaci Colombani di Bobbio e di S. Giulia di Brescia si interessano alla coltivazione della vite nella zona Gardesana.

930

Presenza di alcune vigne nella località di Sanguinetto.

1325

Gidino da Sommacampagna, colto uomo di lettere che pone in rilievo i buoni e cattivi effetti del vino.

1371

La peste contagia il territorio veronese.

1372

L'amministrazione Scaligera subentra in alcuni centri abitati ( Valeggio, Custoza,…) per amministrare le fattorie.

1492

Scoperta dell'America importazioni in Europa di specie filossero-resistenti al fine di salvare i vigneti

1500

G. Fracastoro parla di "retica vite" nei suoi scritti; A. Bacci ricorda il vino retico dei Romani nel testo "De naturali vinorum historia" del 1595.
Mattioli traduce l’opera di Dioscoride e parla del potere curativo del vino.
Castore Durante nel suo "Hrbario Nuovo" dedica ampio spazio alla vite vinifera e alle sue virtù.

1630

Diffusione della peste nel territorio della Gardesana.

1631

F. Pona parla del vino come medicamento.

1816

Ciro Pollini scrive la poderosa opera "Flora Veronansis" descrivendo in modo dettagliato le varietà dei vitigni veronesi.

1841

G. Beretta pubblica un'opera relativa alla coltivazione della viti e all'arte di fare vino in Verona.

1854

Pasteur studia la fermentazione e i saccaromiceti.

1860

Viene trovato nella zolfatura delle viti il rimedio contro l'oidio.

1897

Solitro nell'opera "Benaco" riconosce un'esigenza di una personalizzazione del sapore dovuta a vitigni autoctoni quali Negrara, Corva, Rossera.

1913

La filossera colpisce le zone della provincia di Verona, si ricorre quindi ad un reimpianto dei vigneti su piede Americano.

1937

Nascita del consorzio per la difesa e la tutela dei vini pregiati Veronesi: Bardolino, Valpolicella, Soave.

1968

Disciplinare sul Bardolino

1987

Modifica della disciplinare stessa.

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